Capitolo 1

         

La Resistenza e la  guerra civile a Budrio 

 

Per  quanto si determinò in quel  tragico periodo   la rappresentanza della D.C nel Comitato di Liberazione (Dorando Giuliani, Dante Mezzetti, il professor Barozzi, il professor Girolamo Sarti)  si dimise da detto organismo “per non renderci complici” come Mezzetti ebbe a dichiarare in un servizio svolto da Avvenire sugli avvenimenti precedenti e successivi il 25 aprile  1945 a Budrio.

 

Il fatto che dal clima di quel periodo storico io abbia tratto ispirazione per una composizione dialettale, sia cioè ricorso al linguaggio che consente a noi emiliani di rendere una idea più immediata di quanto intendiamo dire  sotto forma anche di piacevoli ”zirudelle” nulla toglie alla gravità del momento che portò nel confronto decisivo al collegamento delle chiese  con le prediche di padre Lombardi definito “la voce di Dio” mentre nelle nostre piazze, sacerdoti  frati della ”volante” costituita dal Cardinale Lercaro avrebbero  partecipato  a confronti più diretti con la controparte, quel “Fronte Progressista” definito “Fronte popolare” che non fece nulla  che non potesse  giustificare il  diffuso senso di allarme  di una sua  possibile vittoria.

 

 A destra come a sinistra ci fu chi ebbe convenienza che passassero come fatti di guerra azioni  che per gli Organi inquirenti, che avevano svolto accurate circostanziate indagini sugli uni e sugli altri, tali non  erano stati. Il superamento, finalmente anche a Budrio, di quella sorta di tabù della  separazione della Resistenza al nazifascismo  dalla guerra civile, certamente contribuisce a porre la ricorrenza del 25 Aprile al di sopra dal dolore mai sopito dei famigliari dei vincitori, dei vinti e delle incolpevoli vittime di rappresaglia, per indicare nella libertà e nella democrazia gli obiettivi per i quali in tanti, senza distinzione di appartenenza, combatterono sacrificando le loro stesse  vite.  Le distinzioni ideologiche interne al CLN e il ruolo dei PCI in un periodo nel quale fu difficile distinguere l’iniziativa privata di alcuni pseudo eroi dalle  responsabilità dei partiti della sinistra portò  la delegazione della D.C ad uscire dal CLN  affidandone la ragioni a un manifesto ” Basta col sangue !”. affisso a Budrio,  quando le operazioni passate come fatti di guerra dopo il 25 Aprile. Giuseppe Fanin riconosciuto Servo di Dio,  fu assassinato a San Giovanni in Persiceto il 4 Novembre 1948.

 

A  proposito del clima di tensione che si era creato all’interno del movimento partigiano fu lo stesso Mezzetti ex ufficiale dell’esercito, facente parte di detta delegazione, a raccontarmi l’episodio di quando, circondato da alcuni combattenti PCI, venne tolto dalla situazione imbarazzante dal marchese Enrico  Paolucci,  monarchico partecipe alla Resistenza, che  si fece largo fra loro facendo spuntare una canna lunga da sotto la “caparèla “ per chiedergli: <<èt bisògn Dante?>>.

Una situazione interna al movimento  della Resistenza di Budrio che Dante seppe sfidare andando al  CRAL  di Maddalena a farsi restituire la pistola  da chi, lui assente, si era presentato a casa sua  per farsela consegnare dalla moglie. In forza delle divisioni interne al  movimento partigiano Enrico Paolucci e Leonida Patrignani  (ex braccio destro di Parri) a fine guerra furono fra i fondatori  una associazione partigiana autonoma.

 

Con quel <<si l’hàn cupè quèl l’arà fàt>> molti, per ignoranza e per paura,  finirono  per giustificare   il come il dove e il quando  molti si lasciarono  prelevare da casa pur sapendo della fine di chi li aveva preceduti , proprio perché ritenevano di non aver commesso colpe talmente gravi da meritare la morte  in un Italia dove per i combattenti  della prima guerra mondiale, gli impiegati e dirigenti pubblici, gli appartenenti agli ordini professionali, l’iscrizione al fascio era stata  quasi generale; così dicasi per gli aderenti alla Repubblica di Salò che  fin dalla più tenera età, dalle stesse Istituzioni aveva ricevuto una educazione  fascista.

 

La  convinzione di tanti  iscritti al fascio di non essere responsabili di fatti passibili di condanna a morte, oltretutto senza un regolare processo,  fece sì che dei fascisti si salvassero  “ i  duri”, cioè  quelli   che al momento del prelevamento  a domicilio fecero capire  di essere armati e quelli di loro che per tempo uscirono di scena.

 

Emblematica di una tale distinzione fu  la fine atroce di Adriano Marchesini, fratello del federale Emiliano  che, a  chi vedendolo nel cortile di casa gli ricordò come vi fossero già stati altri omicidi a Budrio rispose <<i màn dett ed stèr què >> e rifiutando l’offerta di un’arma con la quale scappare rimase a domicilio coatto. Portato al Cimitero di Budrio con la motivazione di scavare nuove fosse  gli venne sparato da chi salito su una scala, da dietro la mura di recinzione, era appostato per la esecuzione. Gravemente ferito lo soccorse la sorella Elvira che lo portò all’ospedale di Bagnarola dove dagli stessi responsabili  del suo ferimento venne imposto ai medici l’ordine di lasciarlo morire  senza intervenire. In emorragia e tra lancinanti dolori descrisse le caratteristiche somatiche di chi gli aveva sparato.  

 

Quando Elvira Marchesini, ufficiale postale a Trento andò in pensione, volle chiudere il conto aperto con quello del quale il fratello Adriano, aveva dato gli elementi  sufficienti  ad  essere individuato come il suo assassino, lo affrontò  nel centro del paese mentre  coprendolo di insulti ai quali il malcapitato rispose con poco edificanti epiteti.

 

Poiché la vicenda si diffuse in paese, l’ANPI locale uscì con un manifesto: <<ATTO DI TEPPISMO FASCISTA A BUDRIO>> col quale denunciava l’aggressione della quale era stato oggetto un noto esponente della Resistenza locale.

 

Coerente con la posizione tenuta dagli esponenti della DC che avevano abbandonato il Comitato di Liberazione di Budrio <<per non renderci complici>>, la DC di Budrio della quale ero il segretario rispose che la DC con quel tipo di resistenza oggetto di insulti non aveva nulla a che fare.

 

La fine di una guerra causa di azioni e ritorsioni ha finito per passare nella categoria delle vittime quanti da eroi di una rivoluzione per altri mai ultimata sono stati condotti all’estrema dimora dai famigliari  nell’assoluto silenzio dei responsabili politici delle loro gesta.

 

Sergio Poli, partigiano ingiustamente ritenuto traditore, completa la lista dei 44  soppressi  di un periodo in cui con la giustizia fai da te volle rappresentare il  regolamento di conti  di chi  assunse tutti i poteri   perché secondo Marx, la violenza  è la  levatrice  della storia .

 

So  da fonte  certa che il capitano Vesce  della  squadra  Giudiziaria dei Carabinieri che aveva diretto le indagini di questo come degli altri fatti di Budrio , pianse al ritorno dei fascicoli inviati al Ministero di Grazia e Giustizia con il timbro<<Archiviare come fatto di guerra>>.

 

 

Nessuna assoluzione per la uccisione di Sartoni a Mezzolara per parte fascista, della dottoressa Pia Bovoli per mano tedesca, delle  forze germaniche occupanti responsabili dell’innumerevole serie di rappresaglie che principalmente nella zona che dalle scuole di Vigorso ai confini di Castenaso accrebbero l’elenco delle vittime incolpevoli di una guerra insensata quanto dispensatrice di morte.