E’ L’ORA DI DARCI UN TAGLIO
Si susseguono le dichiarazioni di politici –autorevoli per la carica ricoperta- che sostengono che dopo la situazione aperta con CORONAVIRUS non dovrà ricostituirsi la precedente
sotto i più diversi aspetti.
Alcuni giorni fa, a proposito della convocazione degli “stati generali” avevo scritto sul mio sito:<< Purtroppo anche fra i cattolici c'è chi antepone scelte di campo e rapporti col potere locale e nazionale a una libera espressione del pensiero proprio e della categoria di appartenenza.Una delle questioni ineludibili a un serio confronto è la moltiplicazione dei costi di gestione del sistema regionale e della spalmatura dei difetti del malgoverno all'intero territorio nazionale ,questione scomoda ma di necessaria risoluzione per una programmazione consapevole gestione della spesa di bilancio per la definizione dei tempi di realizzazione delle opere>>.
Oggi domenica pomeriggio , acoltando Report sul terzo programma televisivo, attraverso serie di comparazioni, tra regione e regione, perfino fra ospedale e ospedale, veniamo a conoscenza dei prezzi di acquisto delle macchinette per l’analisi del sangue e dei tamponi per la verifica delle condizioni dei contagiati, delle materie prime per il confezionamento delle mascherine e di quant’altro connesso all’epidemia, le cui differenze anche d’oltre il doppio da un ente all’altro, non possono certamente essere giustificate dalla situazione di emergenza.
Questo perché purtroppo anche in tempi di “bonaccia” si siano riscontrate le inqualificabili speculazioni sui prezzi di approvvigionamento dei beni e dei servizi delle pubbliche amministrazioni. Certamente il CONSIP ha dei tempi per la indizione di gare per forniture che vanno oltre la immediatezza delle prime necessità ma quanto si è determinato per le forniture alle strutture sanitarie e ai cittadini dimostra l’esistenza di un vortice di malaffare dal quale occorre uscire dimostrando che non sussistono enti e strutture fuori da ogni necessario controllo.
Occorre intanto prendere atto che con la riforma regionale e la trasformazione delle USL in Aziende Sanitarie locali, con la moltiplicazione dei centri di potere al di fuori di un autentico controllo democratico, si sono moltiplicate le possibilità di collusione politica-affari. Perché comunque la responsabilità del malgoverno a tutti i livelli rimane soprattutto politica .
Nel centrodestra
CENTRO DOVE SEI?
Il 2 Giugno sarà il Presidente della Repubblica a effettuare la deposizione di una corona d'alloro al Milite Ignoto, simbolo di tutti i caduti in guerra e che non sono mai stati riconosciuti, presso l'Altare della Patria ,cioè per motivi di sicurezza sanitaria in assenza della parata militare che normalmente si svolge alla presenza delle più alte cariche dello Stato.
Assume pertanto un particolare significato la decisione assunta dalla coalizione di centrodestra ,che vanta la pretesa di rappresentare la maggioranza del corpo elettorale pronta all’alternativa all’attuale maggiorana di governo, di avanzare la richiesta di distinguere il proprio omaggio all’Altare della Patria ,in definitiva non riconoscendosi in quella unità nazionale la cui rappresentanza spetta al Presidente della Repubblica.
Non credo che chi ritiene di svolgere il ruolo del centro di detta coalizione abbia valutato la gravità della decisione di trasformare una giornata di festa nazionale in una giornata di protesta nelle piazze del Paese che ,nella tradizione anarchica,finisce per confondere il significato di una alternativa democratica in una alternativa eversiva.
NESSUNO PUO’ RITENERSI IMMUNE
Più il Magistero si impegna a sinistra escludendo una rinnovata presenza cattolica in una formazione di centro , casomai per giustificare un compartecipazione alla organizzazione un soggetto unitario- le Sardine, più si assume la responsabilità di uno spostamento a destra di quella maggioranza di cattolici che non condivide una prospettiva catto-comunista.
Una prospettiva questa che anche se si esclude la resurrezione del comunismo morto sotto le macerie del muro di Berlino,pur adombrata di rischi di un estremismo di destra improntato al populismo di Salvini e al nazionalismo della Meloni , trova i necessari riferimenti culturali in un pauperismo che senza definire la alternativa al sistema capitalista in alternativa a un sistema di mercato fuori controllo politico, finisce per accreditare una soluzione autoritaria impostata al cambiamento della produzione sul piano tecnologico e dei gusti della gente per combattere il consumismo .
Questo non significa non condividere la giusta preoccupazione della Chiesa interprete delle sofferenze degli emarginati di un sistema economico che mette a rischio il futuro del pianeta liberando residuati nocivi della lavorazione industriale e accantona come scarti anche gli esseri umani esclusi dal processo produttivo; sarebbe assolutamente superficiale attribuire la esclusiva dei danni mondiali al sistema capitalista senza considerare la testimonianza di quanti di ritorno dai viaggi di affari nei paesi a socialismo reale ne denunciano livelli di inquinamento al di fuori di ogni ragionevole controllo a dimostrazione che di quanto interessi il risultato della gestione anche dove sia negata la distribuzione del profitto d’impresa.
Il problema che si pone nella situazione attuale in gran parte compromessa da una pandemia della cui evoluzione ben poco la scienza medica attuale è in grado di esprimersi, è quello di riesaminarne i punti di forza ed i punti di debolezza dell’attuale sistema sociale per farci carico di quanti maggiormente soffrono perché meno attrezzati per affrontare emergenze che ritenevamo legate ad un passato ancora senza vaccini ed antibiotici.
Credo che l’insegnamento che possiamo cogliere dagli eventi legati all’epidemia è quello che anche gli ospedali più dotati si sono dimostrati insufficienti ad affrontarla per una programmazione basata sull’andamento statistico regolato da” tempari” e protocolli superati dall’imprevisto e che nessuna categoria operativa nel emergenza sanitaria, medici, infermieri sacerdoti è rimasta immune dalla aggressione del virus.
Questo , a maggior ragione significa che nessuno ,quando sia messa in discussione la organizzazione sociale possa fare scelte strategiche se non nella consapevolezza di esserne parte in causa.
Sul piano propriamente politico rivendico alla Democrazia Cristiana e alla politica delle alleanze democratiche il merito di aver contribuito in misura determinante a uno sviluppo economico del quale ora maggiormente avvertiamo il timore di un irreversibile arretramento per la insufficiente preparazione di una classe politica acceduta al potere saltando ogni esperienza di preparazione in partiti autentici e corpi sociali intermedi sull’onda della suggestione populista.
Per questo ritengo assolutamente ingiusto che da una recente trasmissione televisiva,”ATLANTIDE” sia stata sostenuta la tesi della liquidazione della DC in quanto partito di mafiosi quando è quanto avvenuto successivamente alla sua scomparsa dalla scena politica a dimostrare il radicamento sociale di organizzazioni malavitose in grado di penetrare in forme associative ed economiche, senza distinzione di destra e di sinistra e di aree geografiche come fenomeno subdolo e difficile da estirpare.
Anche con riferimento alla nostra particolare Regione,dove si sta celebrando il maxiprocesso alla mafia nel Nord, credo sia bene che ognuno si assuma la responsabilità della differenza fra integrazione e indipendenza da un sistema consociativo e masso-tecnocratico che ha saputo affermarsi in tutto il territorio nazionale.
Per questo, come cattolico avverto la necessità di una occasione di incontro in una sorta di Settimana sociale di tutte le componenti sociali che si dichiarano orientate alla dottrina sociale cattolica della quale solo il Magistero è in grado di esercitare la capacità “convocatoria” , senza esclusione alcuna, perché la stessa Chiesa non si trovi a svolgere un ruolo improprio e riduttivo per una aprioristica scelta di campo fra i due principali schieramenti politici nazionali prescindendo dal loro ruolo assicurativo di poteri e interessi trasversali.
A PROPOSITO DI "RICOSTRUIAMO LA POLITICA"
Don Lorenzo Occhetta in un interessante libro titolato”Ricostruiamo la politica”si occupa dei cattolici che dopo la esperienza di partito di massa nella DC “evangelico” di lievito della società li vede nel ruolo di “lievito” della società . Magari così fosse.
Dopo una approfondita disamina della situazione politica locale, nella terza parte del libro col capitolo “Il credente, la fede e la politica” l’autore cita papa Francesco per ricordarne l’incessante incitamento a ritornare alla politica ponendo la questione di fondo se in forma di partito e per quali programmi e quali riforme convergere ove la partecipazione sia distribuita in diversi soggetti politici.
Per dire che la forma dell’impegno politico è un aspetto secondario il sacerdote si avvale del monito di Ferruccio Bortoli che rivolto al mondo cattolico dichiara di ritenerlo irrilevante rispetto alle attese di un suo contributo decisivo alla formazione di una classe dirigente di qualità che persegua il bene comune per la costruzione di un futuro che coniughi solidarietà e competitività, l’idea dell’impegno, del sacrificio e dello studio come assi portanti della società, un maggior rispetto delle istituzioni, a cominciare naturalmente dalla famiglia, sopraffatte da un individualismo dilagante e cinico, in una realtà dove i cattolici possono essere maggioranza nel dibattito delle idee, pur restando minoranza nel Paese.
Don Occhetta in proposito chiama in causa la cultura laica che ai credenti chiede obiettivi semplici che difendano la persona , promuovano il dialogo tra culture e tradizioni, di formare dirigenti di qualità capaci di coniugare solidarietà e competività.
Non gli passa per la mente, come d’altronde ad altri qualificati religiosi capita, di a fare un bilancio dare-avere di quanto avvenuto dopo la fine della esperienza democratica cristiana con la dislocazione dei cattolici nell’ampio panorama politico nazionale don Occhetta ricadendo, a mio modesto avviso in quella aprioristica scelta di campo della sinistra cattolica che non si pone il problema delle conseguenze della diaspora dei cattolici passati nei diversi schieramenti partitici e parlamentari per nulla dissimili all’acredine delle parti delle molteplici scissioni della sinistra storica.
Come non preoccupa l’autore del libro in esame se dalle formazioni politiche privilegiate della loro opzione sia fino ad ora emerso di quel contributo cattolico, che egli ritiene maggioritario nel momento in cui sul piano parlamentare siano stati posti in discussione i valori che egli ritiene fondamentali a un autentico sviluppo sociale o se sia prevalsa la disciplina di partito alla quale sono rimasti soggiogati.
A chi, durante una delle interviste rilasciate in un viaggio di ritorno da uno dei Paesi dell’America Latina visitati, pose la domanda su quanto stava avvenendo nel Parlamento italiano la proposta di legge che regola le unioni civili,papa Francesco rispose di non seguire le vicende interne ai diversi Stati, dove i cattolici sono tenuti ad intervenire secondo coscienze rettamente formate.
Poi la questione finì lì,a bordo del Boeing Alitalia come se il papa avesse espresso una Sua opinione personale quando il suo riferimento alle coscienze rettamente formate richiamava i contenuti della “ Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica” della Congregazione per la dottrina della Fede presieduta dal Card.Ratzinger e controfirmata da papa Giovanni Paolo II.
Quali gli obblighi etici “dei cattolici adulti” rispetto alla disciplina di partito o di gruppo parlamentare quando in discussione siano i valori definiti “non negoziabili” da una nota che reca la seguente premessa :
La Congregazione per la Dottrina della Fede, sentito anche il parere del Pontificio Consiglio per i Laici, ha ritenuto opportuno pubblicare la presente “Nota dottrinale circa alcune questioni riguardanti l’impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica”. La Nota è indirizzata ai Vescovi della Chiesa Cattolica e, in special modo, ai politici cattolici e a tutti i fedeli laici chiamati alla partecipazione della vita pubblica e politica nelle società democratiche ?
Per la chiarezza della nota non credo sia necessario, come invece don Occhetta ha fatto, richiamare in causa il cattolicesimo democratico per dichiarare il superamento dell’esperienza di Dossetti, La Pira e Moro in quanto inteso come il contributo e la riflessione di tutti i cristiani che si occupano di democrazia perché dice sempre l’autore “la testimonianza dei credenti varia con le stagioni; fino agli anni Novanta ha prevalso l’intuizione di De Gasperi e di Montini di creare un unità politica dei cattolici e un centro politico, scegliendo la democrazia contro i sistemi totalitari.
Lusinghiero comunque è il riconoscimento di quel periodo storico dall’autore del libro in esame quando a quella strategia politica riconosce il merito di aver consentito di aggregare tutte le forze laiche moderate, allargare l’area dei ceti medi, diffondere la piccola proprietà, sostenere le piccole e medie imprese, i coltivatori diretti, gli artigiani, e ridistribuire , per mano politica e in modo meno diseguale, la ricchezza.
Don Occhetta attribuisce la responsabilità della fine di quell’era sostanzialmente felice alla poca responsabilità di molti uomini politici, cattolici inclusi che occupò le istituzioni trasformando il centro politico, fisiologico per un elettorato moderato in centro di potere e di assistenzialismo, riconoscendosi in questo giudizio storico sui due centri nella tesi di Pietro Scoppola, che paralizzarono il sistema.
Per quanto mi riguarda ritengo molto superficiale la tesi della fine dell’unità politica dei cattolici nella DC alla formazione di due centri ,quello fisiologico e quello di potere e assistenzialismo, senza ammettere che il dissenso interno sulla linea politica da parte di quella sinistra che aspirava all’incontro con la sinistra marxista venne a lungo contenuto dalla “sapiente” dorotea distribuzione del potere su base correntizia fino alla fino all’esaurimento della esperienza democristiana on il processo mediatico di Tangentopoli.
Quali allora le possibilità di riunire i cattolici divisi in un’unica direzione politica
La ragione di un comune impegno dei cattolici sta nella salvaguardia della democrazia da nutrire con i principi della Dottrina sociale della Chiesa e della Carta Costituzionale che rappresentano i punti di discernimento di ogni scelta per salvaguardare i valori non negoziabili che don Occhetta omette di riconoscere attualmente destinati alla sfera individuale per non compromettere le diverse scelte di schieramento.
L’altra possibilità di incontro dei diversi spezzoni della diaspora politica cattolica è situata in un comune impegno formativo attraverso il ruolo prepolitico di associazioni che possano svolgerlo aiutando gli aderenti ad anteporre la difesa dei valori a ragioni di carattere esclusivamente economico, cioè superando connotazione di classe perché questo si scontrerebbe con le linee di sviluppo di un interclassismo orientato alla dottrina sociale della Chiesa.
“La priorità dice don Occhetta, rientra nella “ capacità di discernere, nei programmi dell’agenda politica, quei rimandi all’antropologia cristiana, che permettano di spostare la domanda del singolo problema –che può avere soluzioni tecniche diverse, tutte compatibili con la fede –ai processi di discernimento che portano alla luce delle domande di senso dell’uomo e sul mondo proprie di una civiltà umana”. “Davanti ai problemi da risolvere, il politico di ispirazione cristiana è quello che si chiede: chi è l’uomo e quale deve essere il suo destino(umano).In materia biopolitica, per esempio, è necessario chiedersi se l’umano per la politica è qualcosa di fallato da migliorare come una macchina, oppure se nella pienezza di umanità vissuta c’è già per l’uomo tutta la possibilità di vivere un’esistenza riuscita-.
Il luogo di detta verifica ,dall’autore è individuato nel”centrismo” politico, una sorta di rosa dei venti per la politica: rappresenta l’intersezione dove le politiche di “destra” e di “ sinistra” e le nuove politiche del nord e del sud sono obbligate a passare….L’Europa voluta da De Gasperi,la scelta dell’euro nel tempo di Prodi, le grandi riforme sociali approvate sia dal centrodestra sia dal centrosinistra sono tutte passate dalla mediazione del centro politico…… La cultura del centrismo garantisce le grandi riforme, la moderazione dei linguaggi, e dei comportamenti e l’arte della mediazione, tesa a cercare punti di equilibrio validi per tutte le parti. E’ infine una cultura politica interclassista , che riduce le disuguaglianze tra le classi sociali e seleziona le persone adatte>>.
La possibilità di un “centro” dice sempre l’autore nasce dall’intuizione di don Luigi Sturzo:<<Per noi il centrismo è lo stesso che popolarismo, in quanto il nostro programma è un programma temperato e non estremo:-siamo democratici, ma non escludiamo le esagerazioni dei demagoghi,-vogliamo la libertà, ma non cediamo alla tentazione di volere la licenza; ammettiamo l’autorità statale, ma neghiamo la dittatura, anche in nome della nazione; rispettiamo la proprietà privata, ma ne proclamiamo la funzione sociale; -vogliamo rispettati e sviluppati tutti i fattori della vita nazionale, ma neghiamo l’imperialismo nazionalista; e così via dal primo all’ultimo punto del nostro programma, ogni affermazione non è mai assoluta ma relativa, non è per sé stante ma condizionata, non arriva agli estremi ma tiene la via del centro>>.
Ho riportato gli aspetti fondamentali di quella politica che don Occhetta individua come spazio della convergenza dei cattolici appartenenti alle più diverse opzioni partitiche confrontabili con i brani del pensiero di don Sturzo riportati nel libro per evidenziare le distanze attuali delle opzioni partitiche almeno da quella che è stata la tradizione della centralità dei cattolici fin dalla loro presenza nei “Popolari” per richiamare ognuno di noi ad una verifica della coerenza delle nostre scelte per una politica che si presenta sempre più come l’arte del possibile sia che sia nello schieramento di destra che in quello di sinistra .
Logica quindi vorrebbe che , riconosciuto il ruolo della validità ammessa della collocazione cattolica al centro della realtà politica delle diverse fasi storiche del nostro Paese, venisse condotta fino in fondo la verifica delle responsabilità di aver trasformato la politica in sovrastruttura di copertura assicurativa degli interessi delle cordate trasversali a tutti gli schieramenti persistenti successivamente alla eliminazione della DC e del PSI per via giudiziaria , fino ai giorni nostri .
Come verificare se la mobilitazione dei più diversi ambienti culturali ed economici a sostegno della alleanza facente perno su Bonaccini, per il rinnovo del Consiglio regionale corrisponde il necessario salvataggio di quella politica dalla P maiuscola caldeggiata dall’Azione cattolica di Tornielli si è risolta nella difesa di quel sistema consociativo bolognese che ha giustificato la candidatura e la elezione di Casini al Collegio Unico del Senato della città capoluogo di regione?
Se per Sturzo , <<non si diviene classe politica senza tradizione ed esperienza governativa ed amministrativa >> come e quando dimostrare la indipendenza della politica dalle compromissioni col potere economico maggiormente alla luce degli avvenimenti in cronaca che riguardano la nostra Regione e la città capoluogo per tenere alta la guardia su un sistema politico che , nel generale disinteresse , con la riforma Bassanini ha finito per concentrare nelle figure dei sindaci e dei presidenti di regione gran parte dei poteri istituzionali un tempo riservati alle Assemblee elettive affidando ad essi la nomina degli assessori, dei segretari e direttori generali, dei responsabili diversi settori togliendo ad essi la indipendenza professionale un tempo loro riconosciuta?.
Questi sono gli spunti che ho ritenuto di dover cogliere dall’interessante libro in esame per giustificare il mio dissenso su quello che per religiosi e laici è divenuto un luogo comune, togliere dal tavolo l’idea di un nuovo partito di cattolici omettendo di intervenire sulle degenerazioni del sistema politico ed economico perdurante dopo la scomparsa della DC della quale troppi sono i segnali di persistenza.
Di particolare importanza a mio avviso pure il riconoscimento del ruolo svolto dalla cultura cattolica del dopoguerra di occuparsi di costituzionalismo lasciando alla cultura laica e in parte anche massonica la gestione della pubblica amministrazione.
La mia lunga esperienza politica ed amministrativa ai più diversi livelli mi porta in proposito a sostenere che anche per la pubblica amministrazione valga il principio della libera appartenenza politica, religiosa ed associativa come diritto personale del quale non ci si possa avvalere per impedire l’ascesa altrui fino a costituire un requisito di assoluta precedenza rispetto ai concorrenti che ne siano sprovvisti.
Anche di questo dovrebbe occuparsi quella politica dalla P maiuscola che escludendo le ragioni di un impegno politico unitario dei cattolici tacitamente accetta la destinazione dei valori dell’antropologia cristiana alla esclusiva individuale sfera privata.
DALL’ESPRESSO
SINISTRA, ECOLOGIA E ORATORIO
Benedette sardine: ecco la rete "bianca" che sostiene Mattia e gli altri
Il Vaticano e Sant'Egidio. Il cardinale Matteo Zuppi e l'ex premier Romano Prodi. Avvenire e la Cei. I ragazzi delle piazze hanno un alleato sorprendente, con cui programmano le prossime mosse
DI SUSANNA TURCO,
26 dicembre 2019
Sardine benedette: per sintonia, molto prima che per strategia. Dal Vaticano a Romano Prodi, da Sant’Egidio alla Cei. Sardine che si appoggiano alle parrocchie, hanno avuto contatti con il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, e stretto relazioni con la Comunità fondata da Andrea Riccardi, già prima che tutto cominciasse: anche quando Mattia, Andrea, Giulia, Roberto gli altri non si erano ancora ritrovati a piazza Maggiore, a sorpresa, in dodicimila, il 14 novembre, ecco anche allora quei fili c’erano già.
L’ultima conferma che c’è anche questo pezzo di realtà, alle spalle dei molti e variopinti mondi che sostengono e si ritrovano nel movimento delle Sardine arriva proprio di fronte alla basilica
di San Giovanni, a Roma, nel bel mezzo del più importante tra i 130 flash mob organizzati in poco più di un mese dal gruppo di ragazzi che, di colpo, ha scippato a Matteo Salvini il monopolio
della piazza. Conferme fatte di dettagli. Come questo. All’imbrunire del 14 dicembre, nella piazza tappezzata di Sardine, avvicinandosi al camion da cui parlano gli oratori, l’unico politico
eletto che è dato rintracciare tra le transenne è infatti il consigliere regionale del Lazio Paolo Ciani. Non certo una prima fila, latore però di un ambiente preciso, tutt’altro che secondario.
Eletto nella maggioranza che sostiene il governatore (e segretario dem) Nicola Zingaretti, Ciani è una figura chiave della comunità di Sant’Egidio, creatura dell’ex ministro Andrea Riccardi.
Fondatore nel 2018 di Demos (democrazia solidale) con Mario Giro, altro peso massimo di quell’universo, adesso Ciani è a piazza San Giovanni per accompagnare Pietro Bartolo, per trent’anni medico
a Lampedusa e da giugno europarlamentare (sostenuto da Demos), a sua volta l’unico eletto ammesso - guarda caso - sul palco sardino, che in generale rifugge la commistione partitica.
Applauditissimo il suo intervento, dopo quello della presidente dell’Anpi Carla Nespoli, e prima di quelli - giusto per dare l’idea della vastità che si è voluta rappresentare - della presidente
dell’Arcigay Molise Luce Visco, della ragazza di origine palestinese Nibras Asfa, della collaboratrice di Sea Watch Giorgia Linardi. L’attenzione ai migranti e all’accoglienza, sono del resto il
punto sul quale le prudenti sardine si sono esposte di più: arrivando ad elencare tra i punti fondanti del movimento l’abolizione dei decreti sicurezza firmati Salvini (dettaglio di cronaca: dal
palco di San Giovanni, Mattia Santori ha parlato all’inizio di un più tiepido «ripensamento», segno di politicismo alle porte). Il no al decreto sicurezza è da sempre, del resto, la richiesta di
tutte le comunità cattoliche.
Diverso lo spirito unitario di monsignor Gastone Simoni, vescovo emerito di Prato che con una nota per gli amici impegnati per un partito “nuovo” dice:
<< Sembra ormai vinta la scommessa di fare il partito di ispirazione cristiana? Sembra di sì, o almeno non dovremmo essere lontani. Così rispondo a quanti mi chiedono se arriva o no questo nuovo soggetto politico. Dopo anni di tentativi, mi parrebbe venuta l’ora per stringere i tempi e arrivare all’ evento fondativo …. Alcuni intellettuali cattolici restano fermi al dogma della diaspora, altri vorrebbero vederla superata ma soltanto attraverso la fondazione (come?) di una vasta area cattolica coesa e non invece da un vero e proprio partito di ispirazione cristiana. Opinioni legittime, dalle quali dissento. E mi spiego. Non senza, prima, tuttavia, rispondere a quanti, più o meno apertamente, non vedono bene un vescovo a interessarsi attivamente, pur con discrezione (mi pare), per un nuovo soggetto politico.
…..,Mi sto occupando anch’io – e non da ora – della nascita di un nuovo partito democratico di piena ispirazione cristiana non tanto perché oggi non esistano persone singole che, in un modo più o meno coerente ed efficace, si ispirano sul piano pubblico alla fede e al magistero sociale, quanto perché attualmente in Italia è assente un soggetto politico che, come tale, sia impegnato a tradurre laicamente e democraticamente l’intera gamma dei valori personalistici e comunitari propri della visione antropologica-storica che Paolo VI sintetizzava, nella Populorum progressio (nn. 42-43), come “lo sviluppo di tutto l’uomo e di tutti gli uomini”. Integralismo? No. Questo tentativo rientra invece nella ricerca doverosa di contribuire a diminuire i mali gravi e immensi dell’umanità, le ingiustizie, le disuguaglianze, le prepotenze, le guerre, così contrarie alla “vita buona” dei popoli, e del tutto opposte al regno di Dio, alla sua volontà. Un’illusione? No: anzi un’obbligata prospettiva storica. Come insegna la Chiesa e come corrisponde alla dignità e alla speranza di ogni persona….
E’ vero, lo ammetto, che non sono abbondanti tra i cattolici due doti necessarie per dar vita e tenere in piedi un partito, ossia un po’ più di potere organizzativo soprattutto sul piano della comunicazione classica e informatica, e anche una sufficiente disponibilità finanziaria. Ma, intanto, non siamo all’anno zero; e credo che, se quanti si sono impegnati sapranno presentare bene l’idea e riusciranno davvero, da varie parti, a convergere nella più grande unità possibile, le risorse organizzative ed economiche miglioreranno. Non vorrei peccare, certo, di troppa fiducia: le difficoltà ci sono tutte. Ma bisogna avere coraggio. Che mi pare non manchi. Nonostante le difficoltà, tuttavia, constato con gioia che “coloro che fanno l’impresa!” sono cavalieri coraggiosi (al maschile e al femminile). Accettano la sfida.
Ai cattolici che preferiscono restare legati a questo o a quella forza politica attualmente sulla scena questi amici non lanciano scomuniche, ma augurano di domandarsi se, così, favoriscono o meno la presenza e l’influenza delle idee e degli ideali della dottrina sociale cattolica tutta intera. In ogni modo, viva il rispetto reciproco e la carità, viva la libertà! Mi permetto comunque di aggiungere che farà bene a tutti la memoria storica, la quale, ad esempio, ci ricorda le illusioni di folle cristiane verso Hitler e Mussolini e verso Stalin e – perché no? – una debolezza di pungoli critici nei confronti dei lunghi anni democristiani.
Difficile il discernimento storico-politico; meno difficile però se non si interrompe il dialogo tra cristiani. E’ importante, perciò, non dico imporre (come sarebbe possibile?) ma almeno perseguire e proporre, nella libertà, il massimo dell’unione fra coloro che hanno lo stesso progetto di fondo, la stessa bussola del magistero sociale e la medesima grave preoccupazione su come vanno l’Italia, l’Europa e il mondo.
Stando così le cose, in un momento di così grande crisi spirituale e politica a livello locale e mondiale, credo che si debba essere contenti se nasce davvero, senza presunzione ma coraggiosamente, questa novità politica in Italia e in Europa. La quale rappresenta una nuova opportunità per l’impegno laicale e per tante persone che non sanno per chi votare nelle varie tornate elettorali >>.
FC FAMIGLIA CRISTIANA
ZAMAGNI: «IN EMILIA DOPO IL VOTO BONACCINI HA TRADITO I CATTOLICI»
L'economista scelto da Bergoglio per guidare la Pontificia Accademia di Scienze Sociali: «Prima ci ha chiesto di sostenerlo e poi ci ha lasciati con un pugno di mosche in mano. Un partito cattolico? Il primo a dire no è stato il Papa. Serve un movimento ispirato dal cristianesimo per far tornare al voto gli italiani stufi della polarizzazione destra-sinistra»
21/02/2020
di Antonio Sanfrancesco
Professore Stefano Zamagni, Bonaccini l’ ha delusa?
«Il punto è semplice. Prima delle elezioni regionali in Emilia Romagna Bonaccini aveva detto, apertis verbis, che era necessario aprire il Pd ai corpi intermedi e all’ associazionismo chiedendo il sostegno di mondi trasversali, tra cui quello cattolico, alla sua lista civica».
E dopo la vittoria?
«Nessuno di questi mondi, ai quali è stato chiesto di collaborare e che hanno contribuito alla vittoria, è rappresentato in giunta regionale. Non c’ è stata nessuna corrispondenza tra le promesse fatte in campagna elettorale e i fatti successivi. Siamo rimasti con un pugno di mosche in mano».
Per quale motivo?
«Non lo so se sia stata fatta per ingenuità o calcolo, resta comunque una scivolata grave e che lascerà il segno».
Stefano Zamagni, 77 anni, è economista, ex presidente dell’ Agenzia per il Terzo Settore e da quasi un anno presidente della Pontificia Accademia delle Scienze sociali. Secondo alcuni è anche l’ incaricato (ufficiosamente, s’ intende) a “creare” in Italia un partito dei cattolici. Solo che quando gli si parla di partito cattolico Zamagni quasi s’ infuria: «Il partito dei cattolici non esiste e non potrà mai esistere, chiaro? Il primo a dirlo è stato papa Francesco. La mia proposta è di creare un partito, un contenitore, chiamiamolo come vogliamo, ispirato ai valori del cristianesimo e quindi più inclusivo».
Per contare di più ed evitare “delusioni” come quella in Emilia Romagna?
«Anche. Le elezioni regionali emiliane confermano la necessità di dare vita a una forza politica ispirata ai principi del cristianesimo. Ispirarsi non significa farsi dettare l’agenda da questo o quello ma trarre indicazioni, spiegando agli elettori il programma che si vuole portare avanti e poi, se eletti, agire. Solo così in futuro potrà essere evitato quello che è successo con Bonaccini».
Ma è una questione di posti?
«Ma va. La vicenda dell’Emilia Romagna è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Non è che non abbiamo avuto niente e facciamo le bizze, scherziamo? Mica ne faccio un problema di rivendicazionismo. È una questione politica».
Spieghi.
«Bisogna riempire quel vuoto che è stato lasciato sguarnito al centro dalla polarizzazione tra destra e sinistra. Anche perché, un po’ ipocritamente, si dice centrosinistra ma chi guida le danze è la sinistra, si dice centrodestra e chi guida le danze è la destra. E il centro resta solo una parola vuota».
Ma i cattolici sono sparsi un po’ ovunque, adesso.
«Ci sono dei cattolici che si riconoscono nelle tesi della Lega, del Pd, di Leu o di Fratelli d’ Italia. Va benissimo, non bisogna mai demonizzare nessuno. Io sono per il pluralismo e quindi mi chiedo perché non debba esserci un luogo che accolga tutti quei cattolici, e non solo, che non si riconoscono né nella destra né nella sinistra. Faccio un discorso laico, non integralista, a differenza di altri».
Chi?
«Non mi va di fare polemiche. Il metodo è quello che papa Roncalli aveva insegnato tanti anni fa: se incontri qualcuno sulla sua strada non chiedergli da dove viene ma dove va e se andate nella stessa direzione fate un tratto di strada insieme».
Questo partito quanto potrebbe pesare nelle urne?
«Potrebbe arrivare anche al 30% perché sono tanti gli italiani che si dicono stufi della dialettica tra destra e sinistra. Molte di queste persone non vanno più a votare da anni».
Chi dovrebbe essere il leader?
«È una questione malposta. La leadership è un effetto non la causa. In democrazia prima si crea il contenitore e poi si individua la guida. Chi ha una concezione oligarchica o autocratica rovescia il metodo: parte dal leader e poi attorno a lui si aggregano gli altri. Io aborro questo metodo. La convergenza deve venire dal basso e una volta che c’ è questa convergenza il leader viene da sé, spontaneamente
Il mondo cattolico come si regolerà in Emilia con le prossime scadenze elettorali?
«L’ anno prossimo si vota a Bologna per le comunali. Chiunque si candida a sindaco non potrà farcela senza il sostegno dei corpi intermedi e dell’associazionismo cattolico, il Pd per quanti sforzi possa fare non potrà andare oltre il 22-23%».
Quindi vi organizzate per conto vostro?
«Vedremo. È chiaro che questa vicenda ha lasciato un segno enorme».
E’ L’ ORA DELLA RESPONSABILITA’ POLITICA
Ho riportato fedelmente le posizioni di autorevoli esponenti della cultura cattolica e le notizie sui protagonisti della attuale scena politica per richiamare l’attenzione di quella maggioranza silenziosa che inconsapevolmente finisce per svolgere il ruolo di massa di manovra di quella area cattolica che non vuole ancora prendere atto dell’inconciliabilità in un unico soggetto politico dei processi storici della sinistra cattolica e della sinistra marxista.
Quella sinistra cattolica che con la fondazione dell’Ulivo ritenne di coltivare l’eredità storica di Dossetti che poneva la riforma della Chiesa come presupposto della riforma della società e che pertanto è rimasta delusa della mancata inclusione nella Giunta regionale di una sua adeguata rappresentanza deve finalmente prendere atto della presenza a Bologna di un sistema associativo di stampo masso-tecnocratico, in grado di guidare enti ed istituzioni, che della presenza cattolica , non riconosce altro che il ruolo di assistenza e beneficienza e quello museale di custode delle opere d’arte facenti parte del patrimonio di interesse culturale e turistico della città metropolitana. Pertanto l’intera rappresentanza spetta al vescovo pro tempore. Questa, volenti o nolenti è la chiave di lettura dei criteri di nomina della Giunta regionale di Bonaccini che inequivocabilmente ha deluso le aspettative del prof.Zamagni.
L’altra considerazione, che nasce dal rallentamento del sistema economico mondiale, è che il momento per i cattolici impegnati sul piano politico e sociale possa rappresentare l’occasione di una verifica del sistema produttivo agricolo ed industriale, alla luce dell’analisi delle encicliche dell’attuale Magistero che spaziano dalle conseguenze di detto sistema sull’ambiente a sulle fasce sociali più deboli delle aree di sottosviluppo.
Mai prima d’ora infatti abbiamo avvertito le sensazioni dello spegnimento di quel sistema di mercato in grado di superare le dimensioni dei poteri dei governi nazionali, avvertiamo il dovere di procedere alla verifica della praticabilità degli insegnamenti della Laudato Sì della possibilità di regressione dai livelli meccanizzazione ed automazione ritenuti responsabili dell’incremento dei profitti di impresa attraverso il contenimento dei costi di personale per perseguire l’incremento dell’occupazione . Come ipotizzare misure di cambiamento dei gusti della gente per la per regredire dal modello definito “consumistico” senza ricadere nei modelli del dirigismo autoritario, falliti ovunque adottati, ora che stiamo aspettando la fine delle misure di restrizione delle libertà economiche e personali per la conta delle imprese ancora vitali, di quelle agonizzanti e di quelle morte ?
La eccezionalità del momento possa costituire per l’illustre economista bolognese l’occasione di una autorevole apporto in un confronto a livello nazionale fra le diverse componenti associative che fanno riferimento alla dottrina sociale della Chiesa, in una sorta di “straordinaria settimana sociale” della quale solo l’Autorità religiosa avrebbe il potere di convocazione per l’elaborazione di una proposta ricostruttiva dell’ economia italiana per il perseguimento di più giusti livelli di benessere economico nella libertà.
FRA ALTERNANZA AL POTERE E DIPENDENZA DAL SISTEMA
La ripetuta acida dichiarazione del presidente del Consiglio Conte di un risultato elettorale che segna la clamorosa sconfitta di Salvini non può non rappresentare una solenne forzatura se lo si collega al risultato quel movimento 5 Stelle che designò lui illustre sconosciuto alla guida di una esperienza di governo tutta all’insegna dell’improvvisazione.
Se quel “ stravincerò’ detto da Salvini in campagna elettorale ,che richiamava alla mente “vincerò “ di un impareggiabile Pavarotti ne ha ulteriormente rivelato l’ imprudente personalità, quel “ho stravinto” di Bonaccini anche se confermato dal voto disgiunto di cui ha usufruito non pare adeguato a rappresentare la intera piattaforma di sostegno , se non altro di quell’elettorato “borghese” che per lui si è espressa dal centro delle città sommando i propri ai consensi delle sinistre in quanto orfano di un simbolo di lista in grado di rappresentarlo.
Se sul fronte di centrodestra si avverte l’insofferenza delle formazioni politiche che parlano di una necessaria strategia in grado di
controllare l’estemporaneità del leader della Lega.
Le dichiarazioni di Berlusconi sul risultato elettorale del candidato di FI in Calabria potrebbero essere fuorvianti in quanto quel “per noi” usato dal
leader può essere benissimo un plurale maiestatis :il problema della insufficienza del centro della coalizione è ormai troppo evidente.
Nel versante di centrosinistra si avverte l’ingombrante presenza di un PD che deve condividere il momento magico di Bonaccini per giustificare la riaggregazione di forze deluse e disperse e il pronto soccorso delle sardine allestito per l’emergenza.
Questo, volenti o nolenti è il quadro politico emerso da un voto regionale che prefigura la mobilitazione di sistema delle prossime comunali a Bologna sempre che non vi sia chi , in ambiente laico e cattolico, riscopra la alternanza al potere come necessità per depurare le polveri sottili di quel sistema masso-tecnocratico permanente senza un ricambio d’aria , che sconfisse Guazzaloca responsabile di aver interrotto la tradizione del partito egemone senza aver egli potuto o voluto affrontarlo lungo il suo primo ed unico mandato amministrativo.
Mentre c’è chi confonde il bene comune con un sistema che consente persegue la integrazione di tutte le realtà presenti nella situazione locale per annullare le ragioni originarie di un autentico pluralismo politico, economico e sociale importante sarà la promozione di un confronto volto a verificarne le condizioni vitali di ogni singola componente associativa.
LA MANIFESTAZIONE DELLE SARDINE
IN PIAZZA VIII AGOSTO
CHI HA FORNITO L’OLIO PER L’ALLESTIMENTO ?
Il terrore della sconfitta in quella che fu la capitale del comunismo occidentale e nella regione che ne è sempre stata corollario può essere il fattore responsabile della nascita e del rapido deterioramento di quella che, con le sardine, voleva apparire una buona idea accresciuta dallo strumento informatico oltre ogni più ottimistica visione dei promotori.
Per questo ho atteso lo svolgimento della manifestazione indetta per oggi 19 gennaio per verificare in piazza VIII Agosto l’utilizzo di quella che mi pareva una scommessa del sistema di sostegno alla candidatura di Bonaccini sulle “ sardine” che, nonostante la buona volontà da esse dimostrata nelle iniziative precedenti, comunque avrebbero utilizzato l’ultima domenica della campagna elettorale dell’intero schieramento nella città capoluogo di regione.
Il rovescio dell’atto di magnanimità di fronte all’ultimo arrivato, poteva essere la consapevolezza della classe dirigente della sinistra emiliano romagnola che la affermazione dei movimenti populisti è una stretta conseguenza della sfiducia nei confronti dei partiti , quindi anche loro, accusati della formazione di un sistema nel quale gli interessi di cordate trasversali hanno preso il posto della ideologia comunista molto prima della svolta della Bolognina.
La manifestazione è cominciata praticamente con la testimonianza di una ragazza che ha visto consolidarsi la sua speranza di vita nelle cure dei reparti e nei laboratori di medicina del S.Orsola .Passi quella che potrebbe essere la risposta alle lamentele di una cittadinanza che nelle ore in sala d’attesa al pronto soccorso, nei tempi lunghi di prenotazione delle visite specialiste , della diagnostica strumentale ,dei ricoveri avverte la distanza fra la realtà propagandata a fine mandato da Bonaccini;ma questa è la realtà effettiva che vede fiorire un opulento sistema privato convenzionato in sostituzione di strutture declassate a casa della salute senza valutazione della dislocazione degli ospedali nel territorio.
Passi pure il richiamo all’emergenza climatica per la vicinanza analogie delle sardine al movimento mondiale di sensibilizzazione per il riequilibrio ecologico-climatico quando la gente avverte la distanza fra la propaganda verde della sinistra e lo stato di abbandono dei corsi d’acqua che dovrebbero scongiurare il ripetersi di immancabili situazioni di emergenza , ha notizia di sistemi di stoccaggio e smaltimento di rifiuti tossici nocivi al di fuori della normativa che ne prevede la costosa rigenerazione.
Quello che mi ha particolarmente colpito della manifestazione è il susseguirsi sul palco di professionalità che attraversando le diverse discipline artistiche (musica, poesia, prosa), ricorrendo anche a testimonianze filmate di personalità decisamente schierate, hanno finito per elevare la manifestazione al livello di quelle nazionali dei partiti e dei sindacati sollevando in me notevoli dubbi sulla spontaneità del concepimento e sulla autonomia patrimoniale del movimento nominalmente responsabile promotore dell’iniziativa.
Lungo uno scorrevole spettacolo musicale , che ai complessi rock ha visto succedersi il repertorio della protesta anarcoide degli anni dello scontro sociale, anche con l’intervento di giornalisti specializzati , sono stati toccati tutti i punti sensibili del confronto politico in atto in una inevitabile prevalere del proposito del da farsi sul giudizio del non fatto.
Questo fa ipotizzare la prematura fine del movimento ove esso avesse avuto legittime aspirazioni d’autonomia o di rappresentanza della sinistra cattolica della quale non è stata avvertibile la distinzione. Prevedibile pertanto per il dopo elezioni una manovra di inglobamento nel nuovo partito della sinistra caldeggiato da Zingaretti e da Bersani simile a quello che portò all’assorbimento di esponenti della contestazione sessantottina alla direzione dei partiti.
L’impressione complessiva ricavata dalla manifestazione, volenti o nolenti siano le sardine, in piazza VIII Agosto ha confluito una sorta di soccorso rosso a Bonaccini , di una sinistra che senza troppi riguardi ha finito per riappropriarsi culturalmente e organizzativamente della delega data alle sardine. Difficile infatti è sostenere, come fa Santori, che le Sardine abbiano potuto sostenere un impegno di entrambi i versanti.
Nell’ipotesi che dietro il movimento delle Sardine ci fossero organizzazioni cattoliche nella continuità del pensiero di Dossetti, Andreatta e Prodi importante a mio avviso sarebbe che il Magistero ecclesiastico decidesse il dilemma fra scelta di campo a sinistra di impronta classista o centrismo interclassista della Democrazia Cristiana di De Gasperi. Perché solo dal superamento di questa impasse dipende la riaggregazione delle componenti del centrismo di ispirazione cattolica per il riequilibrio della coalizione di centro destra e l’avvio di una nuova politica delle alleanze democratiche
Dietro il confronto Bonaccini – Borgonzoni mobilitate tutte le componenti del sistema di potere, anche gli eredi di chi ne venne sconfitto ma non può più dirlo
IL BUON GOVERNO NON DALLA ALLEANZA DI POTEERI MA DALLA ALTERNANZA AL POTERE
Nell’ultima competizione elettorale con una lettera pubblicata in cronaca dai quotidiani locali Casini, rivolto agli elettori Bolognesi, si presentava come espressione autentica del superamento delle “contrapposizioni ideologiche del passato che ci hanno diviso lasciano il campo alla necessità di fermare l’incompetenza, l’odio instillato sotto forma di intolleranza per gli altri, la demagogia in cui si promettono ricette impossibili da realizzare”.
Ma quella di Casini apparentemente in sintonia con quella dell’arcivescovo ed ora Cardinale di Bologna che,da buon pastore, non manca l’occasione per mettere da parte quello che i divide, “non difendendo le nostre ragioni, ma cercando l’unica ragione che è quella dell’amore e del bene comune” a chi conosce tutti gli stadi della evoluzione politica del giovane attore della politica italiana”non poteva non rappresentare dietro i propositi del buon cristiano ,la necessità di giustificare il suo salto della quaglia, con la svalutazione in senso relativista della storia delle forze di maggioranza e dell’opposizione nella città di Bologna.
Bologna, la città nella quale lui ha sempre programmato gli stati d’avanzamento della sua carriera politica partendo da consigliere comunale della D.C, ma anche quella dei suoi fedelissimi , a partire dai componenti la sua segreteria, senza distinzione di genere.
Senza rivangare il passato che spesso consente di leggere il presente e il futuro, è indubbio che la evocazione della figura di Guazzaloca affidando alla figlia una preferenza di schieramento che lui non può smentire pur di rafforzare il numero dei sostenitori della candidatura di Bonaccini in una quanto mai difficile competizione regionale, per politici di razza quale è Casini significa aver già preparato il terreno per le prossime amministrative della città di Bologna per il fido Galletti che fu assessore nella Giunta dell’illustre scomparso, come per il suo patrocinante, una sorta di purificazione per ulteriori avanzamenti a fine carriera a livello istituzionale. Senza scomodare la prossima scadenza della Presidenza della Repubblica teatro di una possibile competizione con Prodi, come non ricordare la presidenza della Casa di Risparmio di Bologna che fu del sen.Emilio Rubbi?
Ecco allora che per l’elettore ,religioso o laico che sia, le prossime regionali di Bologna rappresentano ,l’occasione per il cambiamento d’aria in una regione dove, oltre i miasmi delle polveri sottili , si avvertono le esalazioni delle incrostazioni di un sistema in grado di garantire la sua permanenza con tutti quei mezzi che Moro e Berlinguer intendevano contrastare attraverso non una alleanza al potere di PCI e DC ma attraverso l’alternanza al potere delle forze popolari che sapevano di rappresentare.
Se la concezione del potere politico di Salvini e il seguito che sa accrescere attorno a sé rappresentano un problema della democrazia italiana, il sistema emiliano romagnolo rappresenta quel modello della alternativa democratica, di politica con la P maiuscola che Truffelli presidente nazionale della Azione cattolica ritiene perseguibile nell’interesse generale del Paese attraverso il collegamento in rete dei cattolici ormai accasati nei diversi partiti del vasto schieramento nazionale ?
Oltre la capacità delle “sardine” di riempire le piazze in silente contrapposizione al populismo di Salvini , la verità è che la gente è stanca di una politica di copertura di cordate di interessi trasversali e che a rappresentare la alternativa a Bonaccini non è la espressione dell’avversario di classe, ma la nipote di quel Borgonzoni, pittore di fama che si presentava con la U dell’Unità che ben visibile spuntava dalla sua giacca a conferma del duo schieramento ideale con le mondine delle risaie medicinesi che rappresentarono col suo primo soggetto di interesse artistico il suo impegno sociale.
Questo fa pensare che per i discendenti degli esponenti del PCI ,oltre la figura di Salvini, sia venuto il momento di superare la competizione dei candidati per affrontare il sistema di potere che rende velleitaria ogni programmazione della cosa pubblica che non sia decisa nelle sedi estranee alle manifestazioni coreografiche di partiti che dietro i cambiamenti di denominazione per dimenticare pagine scomode della loro storia hanno finito per perdere la identità necessaria ad essere distinti gli uni dagli altri.
Per analogia con quanto avvenuto per la corrente della DC che prese il nome dal convento di Santa Dorotea dove si riunivano i suoi aderenti, potrebbe definire <<pastori>> i partecipanti PD al convegno tenuto nell’abbazia di Rieti dedicata a San Pastore .
Quale la sede e quale il gregge ancora disponibile ad accettare le proposte di Zingaretti per l’ennesima revisione dell’identità del partito al congresso successivo alle elezioni regionali dell’Emilia Romagna?
NEBBIA IN VALPADANA
LA SCONFITTA DELLA COALIZIONE DELLE FORZE CHE SOSTENGONO LA RIELEZIONE DI BONACCINI RAPPRESENTA UN’OCCASIONE UNICA PER LA LIBERAZIONE DELL’EMILIA ROMAGNA DALLE INCROSTAZIONI DELLA PERMANENZA DEL SISTEMA DI POTERE IN GRADO DI ANNULLARE IL SENSO DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE.
Molto si sta dicendo e si sta scrivendo sul significato delle nostra prossime elezioni regionali alle quali dovremmo andare a votare il prossimo 26 gennaio e ad indurmi ad esprimere il mio parere è un articolo in prima pagina della cronaca di Repubblica titolato;<<L’eredità di Guazzaloca e la scelta della figlia Grazia>>.
Senza voler allargare mai rimarginate ferite, poiché ogni eredità rimanda alla personalità dell’illustre scomparso , non posso non ricordare la sincerità dell’on.Vitali che nella sua espressione di cordoglio ammise la sottovalutazione da parte del suo partito della portata della candidatura a sindaco nonostante la mediazione tentata dall’on.Casini perché Giorgio Guazzaloca rimanesse alla Presidenza della Camera di Commercio promettendo in cambio una candidatura a sindaco certamente meno prestigiosa del presidente ASCOM. Ma ,ha ammesso Vitali,il PCI era talmente sicuro di mantenere la maggioranza che fece eleggere Sangalli al posto di Guazzaloca e che questi avanzò la sua candidatura a sindaco di Bologna.
Pur essendo stato favorevole alla candidatura Guazzaloca che, alla guida di una lista civica multicolore intendeva rivolgersi a un’arco più vasto della cittadinanza rispetto alle solite liste di partito uscite sempre sconfitte nella competizione col PCI, infatti fui l’unico membro del Comitato Provinciale del CCD di Bologna a non partecipare all’inaugurazione della sede della sua organizzazione elettorale in piazza Maggiore motivando la mia “diserzione” col fatto che sia che Guazzaloca avesse vinto come se avesse perso il risultato sarebbe stato da intendersi tutto suo .
Io ebbi un rapporto particolare con Guazzaloca del quale stimavo intelligenza e capacità ma non condividevo l’egocentrismo, cioè la convinzione di farcela a guidare l’enormità della novità che aveva saputo impersonare, da solo, con il ristretto numero di collaboratori di Giunta e dello staff direttivo dell’ASCOM dallo stesso condotto a Palazzo D’Accursio, con una operazione commutativa con la segreteria di Casini dietro la quale i partiti avrebbero finito per sparire.
Cioè io ritenevo allora come , ancor a maggiore ragione oggi, che le competizioni elettorali col PCI non avrebbero potuto avere successo se non visitando i santuari del sistema che ne sosteneva il mito della buona amministrazione anche dopo la esperienza di Dozza, della quale Guazzaloca era convinto estimatore, per scoprire il sistema di influenza sulle nomine alla dirigenza e deliberazioni di enti , partiti e istituzioni a Bologna.
L’ultima volta che incontrai Giorgio, dopo la sconfitta, fu di sfuggita :scesi entrambi dal treno alla stazione Termini, in un rapido scambio di idee ebbi modo di dirgli che, invece di attenersi al suo motto elettorale<<migliorare il sistema, lo avrebbe dovuto affrontare sapendo che esso si sarebbe mobilitato per la rivincita. Lui mi rispose:<<hai ragione >>. In effetti anche amici della cerchia di cui lui si fidò , col loro operoso silenzio dimostrarono di non voler scoprire alcuna delle evidenti degenerazioni del potere e di condividere del sindaco la certezza di vincere con la sola buona amministrazione.
Leggere che la figlia di Guazzaloca Grazia non si riconosce nei valori portati avanti dal centrodestra attuale(che fu alleato del padre in un’altra epoca, precisa Repubblica) non meraviglia chi come me fatica a ritrovarli, mi meraviglia che alla notizia venga aggiunto che essa preferisca di gran lunga il programma di Stefano Bonaccini non solo per quello che ha già dimostrato di saper fare, ma di quello che farà.Una affermazione che suona come il suggello di accordi politici già stretti ora, prima della regionali , in funzione di quelle successive comunali.
Quanto avvenuto a Bologna con l’accordo Renzi-Casini in effetti ha rivelato la presenza di un sistema di potere che anche la Borgonzoni ,almeno fino ad ora, non ha inteso affrontare nonostante la strepitosa affermazione della la Conti, sindaco di San Lazzaro alle recenti amministrative, abbia potuto rappresentare un campanello di allarme per la salvaguardia della autonomia della pubbliche amministrazioni nel rapporto pubblico-privato.
Questa sua indisponibilità ad occuparsi delle ramificazioni del potere in tutti i gangli vitali della città porta a concludere che votare Borgonzoni accontentandosi dello slogan di liberare la regione senza dire da chi e da cosa , sia lo stesso che votare direttamente per quel Salvini che anche senza di lei va percorrendo in lungo e in largo la nostra regione per fare cadere il governo nazionale; mentre, per logica conseguenza,votare Bonaccini sia votare un uomo del sistema che alle prossime amministrative presenterà un suo candidato sindaco di Bologna (Galletti?) per l’accordo di quelle masso-tecnocrazie di diverse tradizioni e riferimenti culturali insediate con fraterna amicizia nei gangli vitali della società locale.
Perché religiosi e laici a Bologna sembra abbiano il comune interesse ad integrarsi dando al pluralismo politico il significato di una colpevole divisione ideologica della quale anche il cattolicesimo, nonostante la denuncia della tecnocrazia di papa Francesco ,tende a scaricare al passato le ragioni del proprio percorso storico. Così dopo la nascita a Bologna 5 Stelle e le Sardine hanno finito per sorvolare la città come meteore che si accendono per spegnersi espressione della nascita e della morte di iniziative senza un indirizzo progettuale.
In questo quadro politico ulteriormente aggravato dalle preoccupanti tensioni internazionali si avverte la mancanza di un raggruppamento di centro in grado di moderare le pretese di una guida sovranista e autoritaria della coalizione di centrodestra e, nel contempo, di confrontarsi con una coalizione di centrosinistra nella quale convivono culture difficilmente aggregabili se non per scongiurare il rischio di una maggioranza di governo succube dell’ autoritario Salvini.
Credo che il mio voto al Popolo della famiglia nella coalizione di centrodestra sia in consonanza con la esigenza di dar a un centro di orientamento cattolico consapevole della necessità di un pluralismo autentico in quanto indipendente dai poteri in grado di condizionare il libero esercizio delle attività istituzionali.
L’OMICIDIO MIRATO DI SOLEIMANI
rappresenta un irresponsabile atto di guerra che aggrava i rischi di un allargamento del conflitto oltre i confini del Medio Oriente. L”AMERICA FIRST “ di Trump sta mettendo in grande diffiicoltà con i precari equilibri internazionali i rapporti interni all’Alleanza Atlantica. Ritorna sempre più attuale il progetto di un esercito europeo, quella CED (Comunità Europea di Difesa) che De Gasperi e i veri europeisti ritenevano essenziale a fare dell’Europa un autentico soggetto politico, che venne bocciato dalla politica di grandezza della Francia.
NEBBIA IN VALPADANA
LA SCONFITTA DELLA COALIZIONE DELLE FORZE CHE SOSTENGONO LA RIELEZIONE DI BONACCINI RAPPRESENTA UN’OCCASIONE UNICA PER LA LIBERAZIONE DELL’EMILIA ROMAGNA DALLE INCROSTAZIONI DEL SISTEMA DI POTERE IN GRADO DI ANNULLARE IL SENSO DELLA PARTECIPAZIONE POPOLARE.
Molto si sta dicendo e si sta scrivendo sul significato delle nostra prossime elezioni regionali alle quali dovremmo andare a votare il prossimo 26 gennaio e ad indurmi ad esprimere il mio parere è un articolo in prima pagina della cronaca di Repubblica titolato;<<L’eredità di Guazzaloca e la scelta della figlia Grazia>>.
Senza voler allargare mai rimarginate ferite, poiché ogni eredità rimanda alla personalità dell’illustre scomparso , non posso non ricordare la sincerità dell’on.Vitali che nella sua espressione di cordoglio ammise la sottovalutazione da parte del suo partito della portata della candidatura a sindaco nonostante la mediazione tentata dall’on.Casini perché Giorgio Guazzaloca rimanesse alla Presidenza della Camera di Commercio promettendo in cambio una candidatura a sindaco certamente meno prestigiosa del presidente ASCOM. Ma ,ha ammesso Vitali,il PCI era talmente sicuro di mantenere la maggioranza che fece eleggere Sangalli al posto di Guazzaloca e che questi avanzò la sua candidatura a sindaco di Bologna.
Pur essendo stato favorevole alla candidatura Guazzaloca che, alla guida di una lista civica multicolore intendeva rivolgersi a un’arco più vasto della cittadinanza rispetto alle solite liste di partito uscite sempre sconfitte nella competizione col PCI, infatti fui l’unico membro del Comitato Provinciale del CCD di Bologna a non partecipare all’inaugurazione della sede della sua organizzazione elettorale in piazza Maggiore motivando la mia “diserzione” col fatto che sia che Guazzaloca avesse vinto come se avesse perso il risultato sarebbe stato da intendersi tutto suo .
Io ebbi un rapporto particolare con Guazzaloca del quale stimavo intelligenza e capacità ma non condividevo l’egocentrismo, cioè la convinzione di farcela a guidare l’enormità della novità che aveva saputo impersonare, da solo, con il ristretto numero di collaboratori di Giunta e dello staff direttivo dell’ASCOM dallo stesso condotto a Palazzo D’Accursio, con una operazione commutativa con la segreteria di Casini dietro la quale i partiti avrebbero finito per sparire.
Cioè io ritenevo allora come , ancor a maggiore ragione oggi, che le competizioni elettorali col PCI non avrebbero potuto avere successo se non visitando i santuari del sistema che ne sosteneva il mito della buona amministrazione anche dopo la esperienza di Dozza, della quale Guazzaloca era convinto estimatore, per scoprire il sistema di influenza sulle nomine alla dirigenza e deliberazioni di enti , partiti e istituzioni a Bologna.
L’ultima volta che incontrai Giorgio, dopo la sconfitta, fu di sfuggita :scesi entrambi dal treno alla stazione Termini, in un rapido scambio di idee ebbi modo di dirgli che, invece di attenersi al suo motto elettorale<<migliorare il sistema, lo avrebbe dovuto affrontare sapendo che esso si sarebbe mobilitato per la rivincita. Lui mi rispose:<<hai ragione >>. In effetti anche amici della cerchia di cui lui si fidò , col loro operoso silenzio dimostrarono di non voler scoprire alcuna delle evidenti degenerazioni del potere e di condividere del sindaco la certezza di vincere con la sola buona amministrazione.
Leggere che la figlia di Guazzaloca Grazia non si riconosce nei valori portati avanti dal centrodestra attuale(che fu alleato del padre in un’altra epoca, precisa Repubblica) non meraviglia chi come me fatica a ritrovarli, mi meraviglia che alla notizia venga aggiunto che essa preferisca di gran lunga il programma di Stefano Bonaccini non solo per quello che ha già dimostrato di saper fare, ma di quello che farà.Una affermazione che suona come il suggello di accordi politici già stretti ora, prima della regionali , in funzione di quelle successive comunali.
Quanto avvenuto a Bologna con l’accordo Renzi-Casini in effetti ha rivelato la presenza di un sistema di potere che anche la Borgonzoni ,almeno fino ad ora, non ha inteso affrontare nonostante la strepitosa affermazione della la Conti, sindaco di San Lazzaro alle recenti amministrative, abbia potuto rappresentare un campanello di allarme per la salvaguardia della autonomia della pubbliche amministrazioni nel rapporto pubblico-privato.
Questa sua indisponibilità ad occuparsi delle ramificazioni del potere in tutti i gangli vitali della città porta a concludere che votare Borgonzoni accontentandosi dello slogan di liberare la regione senza dire da chi e da cosa , sia lo stesso che votare direttamente per quel Salvini che anche senza di lei va percorrendo in lungo e in largo la nostra regione per fare cadere il governo nazionale; mentre, per logica conseguenza,votare Bonaccini sia votare un uomo del sistema che alle prossime amministrative presenterà un suo candidato sindaco di Bologna (Galletti?) per l’accordo di quelle masso-tecnocrazie di diverse tradizioni e riferimenti culturali insediate con fraterna amicizia nei gangli vitali della società locale.
Perché religiosi e laici a Bologna sembra abbiano il comune interesse ad integrarsi dando al pluralismo politico il significato di una colpevole divisione ideologica della quale anche il cattolicesimo, nonostante la denuncia della tecnocrazia di papa Francesco ,tende a scaricare al passato le ragioni del proprio percorso storico. Così dopo la nascita a Bologna 5 Stelle e le Sardine hanno finito per sorvolare la città come meteore che si accendono per spegnersi espressione della nascita e della morte di iniziative senza un indirizzo progettuale.
In questo quadro politico ulteriormente aggravato dalle preoccupanti tensioni internazionali si avverte la mancanza di un raggruppamento di centro in grado di moderare le pretese di una guida sovranista e autoritaria della coalizione di centrodestra e, nel contempo, di confrontarsi con una coalizione di centrosinistra nella quale convivono culture difficilmente aggregabili se non per scongiurare il rischio di una maggioranza di governo succube dell’ autoritario Salvini.
Credo che il mio voto al Popolo della famiglia nella coalizione di centrodestra sia in consonanza con la esigenza di dar a un centro di orientamento cattolico consapevole della necessità di un pluralismo autentico in quanto indipendente dai poteri in grado di condizionare il libero esercizio delle attività istituzionali -
LE SARDINE
Quanto si sta determinando con l’ultimo (in ordine di tempo) dei movimenti populisti, rende la piazza come una specie di reparto di ostetricia nel
quale trovano i natali soggetti di diverso sesso e colore il cui accertamento di paternità però richiede approfonditi esami successivi alla nascita.
Fu così anche per i grillini, nati pure in piazza Maggiore a Bologna, definiti tali per la capacità convocatoria di un comico dalle indubbie qualità
artistiche, si riconobbero nella denuncia di una realtà che suscitò l’indignazione necessaria a individuare successivamente la forma associativa nel Movimento 5 Stelle.
Più difficile si sta rivelando la individuazione della natura politica delle “SARDINE” la definizione ittica della concentrazione di tanti
individui in uno spazio limitato per esprimere una comune preoccupazione per la diffusa propensione alla politica dell’uomo forte, quella della Lega di Salvini, che rende
credibile il rischio di nuove pericolose avventure totalitarie.
Partendo dalla stessa piazza Maggiore di Bologna, il movimento delle sardine , puntualmente riconvocato, si è ritrovato nelle località adiacenti a quelle
prescelte dall’ istrione leghista per contrastare con la forza del numero le convinzioni di un Salvini alla ricerca di quel “ potere assoluto”, invocato
quest’estate sulla riviera romagnola dove proprio il bagno di folla lo avrebbe indotto a far cadere il governo del quale la Lega con lui era partecipe per
portare il Paese alle agognate elezioni.
Il leader della Lega nella fretta della sua decisione non ha considerato che la finalità che avrebbe voluto raggiungere avrebbe dovuto
percorrere tutti i passaggi istituzionali che, per lo scioglimento delle Camere e l’indizione di nuove elezioni, impongono l’accertamento della mancanza in Parlamento
di maggioranze alternative a quella entrata in crisi.
E’ da detta verifica, di spettanza della Presidenza della Repubblica, che Salvini e i suoi alleati hanno dovuto prendere atto , con la nascita
di un nuovo governo presieduto dallo stesso professor Conte che aveva guidato quello precedente, di essere decaduti,loro malgrado al ruolo dell’opposizione.
Se dall’analisi dei dati elettorali alle Amministrative e alle Regionali emergono risultati che rivelano una maggioranza
diversa a quella che sostiene il governo attuale, la prospettiva di una maggioranza di centrodestra si complica per il capovolgimento della scala dei risultati
elettorali che assegna la leadership a un Salvini sovranista e xenofobo, seguito dalla Meloni che rivendica la autenticità della destra interna alla coalizione , e vede
buon ultimo un Berlusconi che per la consistenza numerica di Forza Italia non può rivendicare ruolo assicurativo in senso europeista che, non essendogli riconosciuto
dalle altre componenti, non può esserlo a livello internazionale.
Da quanto si legge dalla stampa nazionale sui problemi interni a Forza Italia e della capacità reattiva di una parte di quel popolo che non
trova che il lontano ricordo di quell’area di centro che guidò l’Italia al livello economico che stiamo perdendo, sarebbe benvenuto un movimento politico
in grado di dimostrare la vitalità necessaria a riempire le piazze per contrastare l’ ineluttabile esperienza autoritaria di Salvini .
Non può essere tale il movimento delle “sardine” se capacità convocatoria dovuta al sapiente utilizzo dei sistemi informatici, non si accompagna un
programma e una struttura organizzativa che sappia trasformare il concorso di popolo in proposta politica .
Le improvvide dichiarazioni dell’esponente romano del movimento che con apertura a 360 gradi della manifestazione di Piazza San Giovanni aveva finito
per accettare la partecipazione di Casa Pound e Forza Nuova non vede, pur nella immediatezza della smentita da parte di improvvisati dirigenti, la sussistenza delle
caratteristiche necessarie a occupare uno spaio politico diverso da quello delle formazioni della sinistra laica e cattolica.
20/12/2019
In questa pagina verranno pubblicati degli approfondimenti da parte di Gabriele Cantelli, sugli avvenimenti sia a carattere locale che nazionale.